martedì 11 giugno 2013

02 Racconto: Contest "Una pagina per un libro"

di Simone Brescia


Se il terrore avesse potuto adagiarsi su un volto, quello sarebbe stato il suo. Emilia mi guardava a occhi sgranati, con la bocca incapace di articolare parole compiute e il corpo squassato da brividi intensi.
Il suo sguardo si spostava alternativamente dalla vittima sbranata ai miei piedi alle mie fattezze mostruose. Ma non fu quello il peggio. Il terrore potevo sopportarlo. Quello che non ressi fu il lampo di riconoscimento che brillò nei suoi occhi. Mi girò la testa. Aveva visto il mio tatuaggio; il nostro tatuaggio. Due cuori intrecciati a spirale.
«Quel tatuaggio! T-tu non – lei scosse la testa, come per scartare l’ipotesi - non è possibile vero?» si scostò la maglietta, mostrando il suo tatuaggio, appena sotto l’ombelico.
Chinai la testa. Le lacrime le solcarono sulle guancie «E’ solo un incubo, vero? – si prese la testa fra le mani- Ora tornerò a casa e mi sveglierò. Tu non puoi essere questo- mi indicò- tu non puoi essere questa cosa!».
Nel buio di quello scantinato, con i miei nuovi occhi felini, vidi il volto di Emilia accendersi di pietà e di compassione. E’ curioso come noi esseri umani investiamo buona parte del nostro tempo a costruire maschere per proteggerci dai sentimenti altrui. Amiamo fingere di essere felici, duri, incrollabili. Ma basta un attimo per infrangere le nostre illusioni e per fare tabula rasa dei nostri propositi.
Sotto quello sguardo pieno d’amore per me sentii il mio cuore farsi in tanti piccoli pezzi affilati. La voce gracchiante della strega riecheggiò nella mia testa «Ora sei un figlio del male. Ella sarà un degno sacrificio».
Mi immaginai nell’atto di trafiggerla con le mie corna da capra. Feci un passo verso di lei. Belai, pregustando il sapore della sua carne tenera e fresca. «Sì così –continuò la strega- lascia andare il tuo vecchio io ».
La contemplai e una parte di me si raggelò all’istante. Emilia stava sorridendo. Un sorriso triste, ricolmo di rassegnazione e di pietà. Lei credeva in me.
«Perché, ti fermi ora? – domandò la voce- è solo un sacrificio al nuovo te stesso». Incombevo su Emilia «Federico?» domandò lei. Avvicinai la mia mano di mostro alla sua mano di donna. Lei non la ritrasse. Mi portai la sua mano al petto. Era il nostro modo per dirci ti amo.
Mi accarezzò «Anche io ti amo! Ti prego non –singhiozzò- non voglio perderti!». Sentii l’istinto della bestia lottare per riprendere il controllo. Indicai a Emilia le scale. Lei si impietrì. Sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti. Mi abbracciò. Era piccola e fragile, eppure si aggrappava a me con tutta sé stessa.
Dimenticai di essere un mostro, tornai a essere il Federico di sempre, quello che prendeva il sole sui prati di Tiepole. La allontanai lentamente. La vidi incamminarsi sulle scale, uscendo dallo scantinato in ombra.
«Sei ancora in tempo! Puoi ancora farcela! Uccidila e sarai di nuovo umano, te lo prometto!» bisbigliò la voce, ma la ignorai.
Emilia si voltò una sola volta «Addio» disse. Avessi potuto avrei sorriso, ora potevo andarmene da uomo. Ero ancora in tempo.
«Cosa pensi di fare? Non te lo permetterò!» gracchiò la strega. Frugai fra le tasche della vittima, tirando fuori un accendino.
«Questo non ti renderà umano!» continuò la voce. Tirai un calcio alle bottiglie di whiskey, sentendole spaccarsi. Mi ricoprii d’alcool con la zampa libera.

«Sei solo uno scherzo della natura!» disse la voce. Accesi l’accendino. Il mio ultimo pensiero, prima che il fuoco mi bruciasse vivo, fu “E tu non sei altro che una miserabile vecchia”. 

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